Lasciami immoto qui rimanere
tra tanto moto d’ali e di fronde … (G. Pascoli)
Un fondo senza drappeggi ma neppure uniforme; scuro, come usava nell’800.
Un boccale di vetro pesante e blu, con tulipani colorati, che la natura ha piegato in modo difforme, quasi arruffato.
Un fiore è “passato” : senza petali.
Quello bianco è “mesto”, lievemente ripiegato e discosto dagli altri, a formare sommessa melodia con le sue foglie illuminate e il fondo lontano: gli risponde una lievissima eco, dal tavolo lucido che lo riflette.
Foglie non lucide, con quella patina azzurrina che le caratterizza, diversamente rivolte alla luce e smorte dal tempo, introducono il canto di altri quattro tulipani: non definiti, non sgargianti, non particolareggiati – ma indubbiamente tulipani, si rivolgono alla fonte di luce per chiacchierare.
Una composizione ferma, solida, senza sviluppi previsti, come volesse fissare per l’eternità quella perfezione non stucchevole.
Ma all’improvviso, quasi a contatto con le foglie, un frullar d’ali: un martin pescatore vuol rapire una farfalla ch’è ciuffo e leggerezza di non-colore … E la sensazione di movimento rimane sogno, non riflesso dalla lucida superficie del tavolo.