Nunchetinora (Katina prega)

Pastello h cm 48x58 senza firma

Codice: A067

Data:

Collocazione:

Katina era la “fantesca” degli Ivancich. Come si usava a quei tempi, le ragazzine senza dote venivano “accasate” presso benestanti e lì rimanevano a servizio, spesso senza sposarsi, fino alla tarda età, amate e rispettate da ogni membro della famiglia. “Cara, la mia buona Katina” che poco più che bambina viziava l’Artista quasi coetanea con la frutta più dolce, si prestò in seguito anche a posare per qualche pastello: la troviamo giovane e disponibile in “Accoglienza” (A082, dove guarda a sinistra), più matura e un po’ desolata in “Ripensamento” (A086, dove guarda a destra), infine quasi anziana e lievemente indurita mentre prega sul letto, in “Nunchetinora” (A067). Quando mancò, l’Artista la fece seppellire nel prestigioso cimitero di Kozala, e continuò a provvedere alla cura della sua tomba finché ebbe vita. Nobiltà scomparsa …


La bocca che non sapeva di latino recitava l’Ave Maria tutta d’un fiato, unendo le parole che non capiva: “Nunc et in hora” non era più un “soldino” di preghiera accantonato per l’ora della morte, ma un suono di fede totale – altrettanto valido e forse più gradito.
Indubbiamente è sempre Katina: ancora la pettinatura raccolta, lo stesso orecchio ben delineato, le medesime sopracciglia nette, uguali le sporgenze della fronte, riconoscibile il naso … ma la guancia è un po’ stanca, e l’occhio non così aperto sulla realtà. I pensieri sembrano meno incisivi, fino a ridurre l’importanza della fronte, mentre sorriso e sguardo sono proiettati in avanti, oltre quelle mani intrecciate a chiedere almeno la semplice serenità che corona le vite oneste.
L’abito, questa volta rosso, risponde a una luce elettrica che accentua l’atmosfera interiore.



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