Katina era la “fantesca” degli Ivancich. Come si usava a quei tempi, le ragazzine senza dote venivano “accasate” presso benestanti e lì rimanevano a servizio, spesso senza sposarsi, fino alla tarda età, amate e rispettate da ogni membro della famiglia. “Cara, la mia buona Katina” che poco più che bambina viziava l’Artista quasi coetanea con la frutta più dolce, si prestò in seguito anche a posare per qualche pastello: la troviamo giovane e disponibile in “Accoglienza” (A082, dove guarda a sinistra), più matura e un po’ desolata in “Ripensamento” (A086, dove guarda a destra), infine quasi anziana e lievemente indurita mentre prega sul letto, in “Nunchetinora” (A067). Quando mancò, l’Artista la fece seppellire nel prestigioso cimitero di Kozala, e continuò a provvedere alla cura della sua tomba finché ebbe vita. Nobiltà scomparsa …
La fronte è in piena luce, perché i pensieri sono l’incessante brusìo di questa età di mezzo: ne sono una riprova l’orecchio in penombra e le palpebre abbassate, come se l’attenzione fosse rivolta all’interno. Le sopracciglia sono ben delineate e il naso si stacca morbidamente dalla guancia; la bocca ha una piega leggermente amara, come tormentata dai pensieri che si agitano dietro quella fronte …
Il lieve rossore del volto contrasta con il candore della camicia – che bianca non è!: il chiaro tessuto segue il corpo e gioca con la luce, restituendo ogni sfumatura dell’arcobaleno: moderno impressionismo, che sa cogliere gli aspetti mutevoli della luce sulle cose, descrivendo come in natura non esistano colori “puri”.
Il tutto incredibilmente applicato con l’uso del solo pollice, come usava fare con i pastelli …