C 4. Milano
Cimitero Monumentale
P.le Cimitero Monumentale
Figura tra le croci
La stampa disse:
Corriere della Sera, Mercoledì 1 novembre 1961
La ricorrenza dei defunti: le nuove tombe al Cimitero Monumentale
Più l’universo si restringe, o più si allarga, più la materia sparisce, più l’energia cresce: e più noi dobbiamo pensare all’uomo e aver fede nella sua anima. Più perdiamo le vecchie misure, e più dobbiamo conservare la misura umana. Più nuovi mondi conquisteremo, e più dovremo conquistare, salvare, inventare addirittura l’anima. Più siamo vivi e più vivremo, e più dovremo vivere insieme con i morti. Più staremo accanto alla morte e più saremo vicini all’amore che è suo figlio.
Eccoci ancora quest’anno nel nostro Cimitero Monumentale, nella città della morte e insieme e inoltre di quello speciale amore che è l’arte, di quella nostra misura che pure dovremo portare oltre gli spazi come porteremo Gesù, il grande nostro morto vivo. Piove. Aspettiamo la nuvolosa radioattiva e altri immani scoppi: fino ala liberazione e unificazione ultima di tutte le anime? Chi mai oserebbe rispondere? Siamo coi piedi in terra, sopra questa terra che è il nostro corpo ed è il corpo dei nostri morti tutti tutti amati, amati anche quelli che ci furon nemici e cui fummo nemici, e fin adesso continua a tenerci bene e gentilmente la forza di gravità. Stiamo cercando con umile pazienza, sotto l’ombrello, un foglio nell’altra mano, un lapis fra le labbra, dei numeri e delle tombe recenti. Quanti anni sono che scriviamo tale resoconto per lo stesso giornale? Quindici? Sedici? Diciassette? Ed ogni volta il Monumentale ci rivela qualche vecchia opera bella, o magari brutta, e ogni volta noi dobbiamo ripensare che non sarebbe tanto difficile farlo diventare più bello dappertutto. Basterebbe volere, con rispetto, con pazienza, con amore, con rinunzia a carichi eccessivi; e quindi con altri e non immateriali guadagni. Il lavoro anche stavolta non è facile, né amabile, per la verità; sono più comode le mostre d’arte nelle gallerie, almeno quando piove. Dunque, si scusino le inevitabili omissioni. Eppoi, le novità sono sempre parecchie, molte, cinquanta, sessanta; e diciamo pure troppe, nel senso che all’amore del dolente non è che corrisponda sempre una eguale misura artistica, sia nel dolente stesso che ha scelto male da se solo oppure mal consigliato, sia nell’artista che ha eseguito la commissione.
La prima tomba che vediamo è opera dell’architetto Zanuso, per Luigi Radaelli, al numero 17 del VI Reparto: è un ritmo dal tondo al rettangolo con una risposta di tenero verde nell’erba al rosso granito svedese. Segue nello stesso reparto al numero 113, per i nomi Martini e Gavazza un impressionante bronzo dello scultore Minguzzi, stavolta assai attaccato alla realtà. E al numero 114 sempre del Reparto VI, abbiamo un altro bronzo, una dolente figura dello scultore Monfrini per la tomba Doria. Nel VII Reparto, numero 41, l’Arcangelo Michele, dello scultore Figini, protegge e orna il ricordo di Leo Pollini e di Giuseppina Fini. E al numero 103 ecco un bronzo ancora, un Cristo che leva le braccia, dello scultore Franco per la tomba Grezzi. E ai numeri 132-133 l’edicola Monti-Novarino dell’architetto Costermanelli con sculture interne ed esterne di Pellini. La quale coppia ha costruito, nel Reparto XIV ai numeri 124 A B C D, l’edicola Pessina con un rilievo circolare di bronzo che illustra i fatti di Gesù.
Nel Reparto XII noterete la numero 14 – tomba Secchi – una grande madonna di bronzo che procede slanciandosi sorretta da cherubini: “Il cammino di Maria”; e dello stesso autore Castiglioni, al numero 140 A del Circondario di Levante un piccolo gruppo bronzeo, per la tomba Prini: “
La Redenzione ”, allegoria dominata dal Cristo in croce. Nell’XI, ai numeri 79-80, la grande stele di Condoglia, con intarsio di Labrador, disegnata dall’architetto Portaluppi e dedicata al figlio Tuccio, ingegnere e guardiamarina, nato il 1917 e morto il 1942 nel Mediterraneo: molto schematica e modernamente grafica, s’arricchisce d’un bronzeo ceppo di palma recisa, modellato da Rui. Quindi, al numero 159 della Necropoli, l’edicola Trevisini-Sterzi dell’architetto Montanari con vetrate incise dallo scultore Conti; del quale, nel Reparto XX, al numero 457, per il nome Castellini vedrete forse l’ultima opera: due “angeli felici”. E al 146 del Reparto XI la tomba Mascheroni-Mincotti-Pasquero con altri due graziosi angeli, osannanti, bronzei, dello scultore Soli.
Ai numeri 357 A-358-359 del XV Reparto, opera dell’architetto Patrini e dello scultore Cavaliere, è la cripta con sarcofago di travertino per Angioliero Morpurgo, di stile fra arcaico e astratto, con ricordi dei capitelli postbizantini, barbarici. E nel circondario di Ponente, numeri 162-163 l’architetto Crescini e lo scultore Mina hanno disposto un sarcofago per Ricciarda Mattioli e Alberto Antongini, e l’ornano angeli, diritti gigli, racemi e girali. Ai numeri 340-341-342 del XIV Reparto è ora compiuto il ciborio Centemeri-Beretta - architettura, profido, di Bacciocchi, bronzi di Pomodoro – con un gusto assai raffinato e decadente. La scultrice Chierego ha eretto un bassorilievo di bronzo, una “Valle di lacrime”, con figura e salice piangenti tra infinite croci, sulla tomba Cerini, nel XIV Reparto, al numero 292. Lo scultore Pancera ha ideato due bronzee persone che avanzano avvinte nella “Bufera” per la tomba Macchi Gasparoli, Reparto XX.
E dopo rammentiamo nel IV Reparto, al numero 31 A, la tomba Cicognini con bassorilievo dello scultore Monteleone, ispirato dalla vita di san Francesco, su struttura di Antonicelli; e nel circondario di Ponente, numeri 760-761, un’addolorata madonnina per la tomba Bellone, stilizzata con rigida, elegante geometria dallo scultore Paganini, che pure ha collocato un San Francesco – bronzi entrambi – ai numeri 164-165 del Frontale esterno, per la famiglia Pulega-Mattioli. E di nuovo nel Circondario di Ponente, numero 30, la tomba Ibishian, disegnata e scolpita da Di Ceglie con ornamenti bizantini e più orientali ancora. E nel Reparto XVII, numero 228 A, i sarcofaghi Grandi, dell’architetto Crescini, uniti da una madonna dello scultore Zaniboni. E, al numero 26-27 del reparto E F Esterno di Ponente, una Crocifissione dello scultore Pessina per la tomba Cavezzali. E in ultimo, al numero 1338 nel Rialzato B di Ponente, per la tomba Cicognani, una vispa Madonna col bambino dello scultore Rui, che ha tagliato la pietra di Vicenza con bella ripresa plastica.
Chiudiamo il foglio. Non le speranze: in tante altre riprese. C’è un po’ di sole.
Leonardo Borghese
La Notte , giovedì 1-2 novembre 1961
(…) Citazioni di rigore sono pure da farsi per le sculture realiste di Otello Montaguti, per il monumentalista Castiglioni, per la “Figura dolente” dello scultore Monfrini, per il bassorilievo in bronzo, narrato, della scultrice Chierego Nuzzi. Ricordo dunque, pietà ed arte che non mancano mai di ritrovarsi ogni anno, nel dì dei Morti, all’appuntamento dei nostri cimiteri.
Mario Portalupi
L’ITALIA, pag. 7 – mercoledì 1 novembre 1961
(…) Eppoi le opere di Figini, Franco, Gio Pomodoro – nel tempietto dell’arch. Baiocchi -, di Soli, di Nando Conti, di Ferreri, di Reposfi, della Chierego, del Cavaliere, di Paganini (“
La Madonnina ”), di Di Ceglie, di Zaniboni, di Monteleone. (…) ridurre una feconda attività artistica a segnalazioni annuali sempre incomplete ed affrettate, anche per il numero delle opere da esaminare – sia esteso anche al Cimitero Maggiore.
Giovanni Mussio
Corriere (Della Sera?) – 2-3 novembre 1961
Visita alle opere nuove. L’arte e la pietà al Monumentale. La commissione giudicatrice ha approvato ottantacinque progetti su centodue.
In questi giorni, secondo una tradizione ormai da tempo stabilita, il cronista d’arte si reca al Cimitero Monumentale per rendersi conto – e riferirne al pubblico – di ciò che amore, pietà e arte hanno creato per ricordare coloro che sono scomparsi nel volgere dell’anno. È una visita che si compie in uno stato d’animo specialissimo, ricercando per i viali silenti e insolitamente affollati, dove i toni freschi dei fiori recati in omaggio ai defunti spiccano contro quelli austeri dei monumenti e dei cipressi, le opere d’arte più recenti, poste dai vivi ad ornare la casa dei morti. Il lungo giro – compiuto anche quest’anno sotto la guida cortese ed esperta del signor De Grada, un funzionario che del Monumentale conosce tutto - permette non solo di vedere il nuovo, ma anche di confrontarlo con quanto fu fatto nel passato più recente o più remoto.
E una constatazione, in vero non troppo confortante, emerge in fine dal raffronto: cioè che le opere d’arte autentiche vanno sempre più rarefacendosi. Non che prima abbondassero, intendiamoci: l’arte funeraria è arte difficile, che richiede al massimo grado sentimento e talento, ma oggi si avverte troppo spesso lo scadere dell’uno o dell’altro, o anche di entrambi.
Forse è la crisi che travaglia tutta l’arte che si riflette anche qui. E perciò da un lato, c’è una tradizione nobile fin che si vuole ma ormai stanca, che detta opere in cui s’avverte la ripetizione di un formulario e di una iconografia ormai consunti, dall’altro lato si vedono tentativi molto spesso programmaticamente e freddamente realizzati di adattare alcuni risultati o esperienze del linguaggio plastico attuale al tema altissimo della Morte. Infine, come già si ebbe occasione di scrivere l’anno scorso in questa medesima occasione, non bisogna dimenticare il committente, che anch’esso influisce e se non ha una educazione artistica, o almeno buon gusto e senso del sacro, ma è soltanto animato da affetto e pietà, può, suo malgrado, impedire all’artista di estrinsecare per intero fantasia e talento.
Esiste una commissione che appunto soprintende a quello che deve essere realizzato nei diversi cimiteri cittadini. Lavora regolarmente, tanto che quest’anno ha tenuto trentadue sedute, esaminato centodue progetti per il solo Monumentale, approvandone ottantacinque. Ma se le opere presentate a questa commissione sono rispondenti a certe esigenze tecniche e hanno un minimo di dignità artistica, si finisce con l’approvarle. È criterio molto umano in una faccenda delicata, tuttavia, dal punto di vista dell’arte, discutibile.
Ma ecco ciò che il nostro giro ci ha fatto vedere.
VI reparto: tomba per Luigi Redaelli dell’architetto Zanuso; tomba Martini, con un bel “Cristo deposto” di Minguzzi, modellato con sensibilità e realismo; tomba Doria, con una muliebre figura dolente di Manfrini. VII reparto: un “Arcangelo Gabriele” di Figini, per la tomba Pollini; un “Cristo” di Franco, per quella Grezzi; una “Deposizione” di Jaderi per la tomba Merli. L’architetto Cesari ha qui creato la tomba Money e l’architetto Costermanelli l’edicola Monti-Novarino decorata con buone sculture da Pellini.
Nel IX reparto, per il figlio Tuccio, guardiamarina scomparso in guerra nel Mediterraneo, l’architetto Portalupi ha disegnato un’edicola molto semplice e lineare, che è ornata da un ceppo di palma eseguito da Rui. Degli “Angeli osannanti” di Ivo Soli, degni di nota, sono sulla tomba Mascheroni-Mincotti Pasquero. Nella Necropoli l’edicola Tarvisini-Sterzi, dovuta all’architetto Montanari, con vetri incisi dello scultore Conti si impone anche essa all’attenzione del visitatore.
XII reparto: una “Ascensione” di Bergozzi, un “Mosè” di Repossi, un “San Giovannino” di Ferreri, un bassorilievo di Girbafronti, un “Cristo in croce” di Tedeschi, “Il cammino di Maria” di Castiglioni, decorano, rispettivamente, le tombe Sozzi, Masselli, Maritano, Bonetti, Ruffini, Secchi. Gli architetti Brusita e Sommaruga hanno poi creato in questo stesso reparto la tomba per Davide Sommaruga.
Nel circondario di ponente, una “Redenzione” di Castiglioni è sulla tomba Primi e l’architetto Crescini e lo scultore Mina hanno creato per Ricciarda Mattioli e Alberto Antongini una tomba con delicati rilievi.
L’edicola Pessina, dell’architetto Costermanelli, con bei rilievi che narrano episodi della vita di Gesù dovuti a Pellini; un bassorilievo della scultrice Chierego (forse la prima donna che dà qui saggio della propria arte) per la tomba Cerini; il tempietto Centemeri-Berretta dell’architetto Baiocchi con delle decorative sculture di Giò Pomodoro, sono le opere nuove del XIV reparto. Al XVI è la tomba Proserpio-Toffi dell’architetto Crescini e dello scultore Mina e al XV quella per Angioliero Morpurgo: una cripta con un sarcofago, che è stata progettata dall’arch. Patrini il quale per la parte scultorea si è valso della collaborazione dello scultore Cavaliere. Notato il sarcofago Cimenti-Piazza dell’architetto Calcagni nell’XI reparto, ecco nel XX gli “Angeli felici” di Conti, una buona scultura per la tomba Castellini. Inoltre, sono qui una bella stele di Parini per la tomba Nembro, una “Resurrezione” di Montaguti per la tomba Zorzoli e “
La Carità ” dello stesso autore, per quella Chilò-Mella; infine, una animata composizione di Pancera “La bufera” per la tomba Macchi Gasparoli.
Nel circondario di ponente una mistica “Madonnina” dello scultore G. Paganini (autore anche di un notevole San Francesco per la tomba Pulega-Mattioli nel frontale esterno) ornala tomba Bellone. In questo stesso settore, le tombe Filosi-Ramazzi Carcano, Griffino-Granata, Ibishian Artim Hagop sono dovute agli scultori Vedani, Bragozzi e Di Ceglie. Visto un buon altorilievo di Romano Rui per la tomba Cicognani nel rialzato di ponente, i sarcofaghi Grandi, dell’architetto Crescini e dello scultore Zaniboni nel XVII reparto, la croce dello stesso Crescini sulla tomba Lucchetti-Cigarini nel IX, nei vari settori di ponente sono da elencare le tombe Monti (scultore Fraschetti), Tirelli (scultore Zegna), Fouseck (arch: Buffa), Sebastiani (scultore Pessina), Fratti (architetto Straniero e scultore Ferrero), Cavezzali (scultore Pessina), Borella (scultori Conti e Jaderi), Peire (scultore Zegna), Stabile (scultore Manfrini), Rocca (architetto Manghi), , Belgeri Molini (scultore Repossi). Un delicato elegante rilievo dello scultore Monteleone orna la tomba Cicognini, dovuta all’architetto Antonicelli, nel IV reparto acattolici.
Anche il Cimitero Maggiore, a Musocco, va arricchendosi di opere d’arte. Quest’anno una trentina di monumenti e di edicole nuove vi hanno trovato posto. Fra le creazioni di maggiore impegno l’edicola Toniatti, al campo 1, numero 75, di severa eleganza, dovuta all’architetto Del Corno, che si è valso della collaborazione dello scultore Steffenini per la parte plastica.
M. Lep. (Mario Lepore)